PER IL CICLO DI INTERVISTE “VOCI DAL TERRITORIO” MILANO SPARKLING METROPOLIS INTERVISTA  COMITATO PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE DELL’ALTA VAL BREMBANA

PER IL CICLO DI INTERVISTE

“VOCI DAL TERRITORIO”

MILANO SPARKLING METROPOLIS INTERVISTA

 COMITATO PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE DELL’ALTA VAL BREMBANA

 

PAOLA PIZZIGHINI, giornalista e co-founder di Milano Sparkling Metropolis, attivista di M5S, da sempre vicina alle associazioni e ai comitati di cittadini tessuto vitale ed indispensabile della nostra società.

Questo anche con il progetto editoriale “Voci dal Territorio” che ha la finalità di dare appunto voce alle idee e alle istanze del territorio lombardo e che oggi ospita, in questa intervista, Elena Tagliani e Samuele Paganoni rappresentanti del Comitato per lo Sviluppo Sostenibile dell’Alta Val Brembana

PRESENTAZIONE DEL COMITATO PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE DELL’ALTA VAL BREMBANA

 

Tutto è nato nel 2019 da una  variante del progetto per la costruzione di una centralina idroelettrica sul fiume Brembo, molte altre persone, oltre a noi, avevano forti dubbi sulla sostenibilità non solo di questa, ma anche di altre opere rispetto alla dimensione locale.

La nostra riflessione sin da subito è stata quella di accompagnare un processo di presa di coscienza civica a supporto e nel dialogo con le istituzioni, mai contro di esse. Per questo abbiamo deciso di fondare il Comitato per lo sviluppo sostenibile dell’Alta Val Brembana, mettendo in rete molti dei gruppi che già esistevano e tenendo conto delle istanze e delle proposte che i singoli avanzavano, al fine di portare la voce dei cittadini nel dibattito pubblico per ripensare assieme alle istituzioni l’idea di sviluppo che sino ad allora era stata presentata come inevitabile.

I temi con cui sinora abbiamo avuto opportunità di confrontarci sono vari; a partire dall’acqua, al centro dell’intero ecosistema in una valle fluviale come la nostra, e dal conflitto sui suoi usi, passando dal rischio idrogeologico, dal tema dei sedimenti, per arrivare agli aspetti naturalistici (Reti Natura 2000, Parchi, zone tutelate) e paesaggistici; e da qui, siamo arrivati a parlare di tutto ciò che questa simbiosi stretta tra uomo e natura può significare per questa valle in termini culturali, storici, antropologici.

Elena Tagliani e Samuele Paganoni nella vostra presentazione ci avete anticipato che tutto è nato nel 2019 da una variante del progetto per la costruzione di una centralina idroelettrica sul fiume Brembo ma come si è sviluppata da allora l’azione del Comitato per lo Sviluppo sostenibile dell’Alta Val Brembana?

Sì, diciamo che, a partire da un momento di sconcerto, rabbia, sensazione di impotenza di fronte a dinamiche che ci sembravano incomprensibili, siamo riusciti a trovare il bandolo della matassa per risolvere la situazione. La cosa più bella di quella esperienza però è stata un’altra, scoprire che anche molte altre persone, in valle e fuori, condividevano i nostri dubbi e sentimenti, e si sono resi disponibili ad aprire un dialogo sul futuro della valle, delle risorse, della comunità e sul tema difficile della sostenibilità visto, finalmente, dal basso.

Ci siamo accorti che c’è tanto bisogno di politica vera, quella che le istituzioni non sempre sono in grado di dare perché deve essere condivisa e discussa nelle piazze e nei caffè, tra la gente.

Una centralina di produzione idroelettrica, nonostante il nome quasi grazioso, è in realtà un insieme di impianti impattanti sull’ambiente: si posano dentro l’alveo del fiume briglie, che sono sbarramenti da una riva all’altra, che bloccano lo scorrere dell’acqua e la risalita dei pesci come i salmonidi (trote) per la riproduzione, oltre a impedire una normale disposizione dei sedimenti. Questo causa grossi problemi che interessano tutto il corso del fiume, e si acutizzano quando ci sono le piene o le secche, che sono frequentissime e imprevedibili nella parte alta del corso. Il Brembo, il nostro fiume, è famoso per le sue piene impetuose che hanno fatto danni e causato anche morti; ricordiamo inoltre che le sue sorgenti sono in gran parte già derivate in alcuni dei grandissimi invasi che hanno permesso l’industrializzazione agli inizi del ‘900. Ricordiamo qui la triste storia della diga del Gleno che fece una strage oggi purtroppo dimenticata.

Ma non finisce qui: per fare una centralina servono almeno un edificio di presa delle acque, alcune turbine di grandi dimensioni (e di tecnologia obsoleta), e un altro edificio a valle per il rilascio; e infine, tubature lunghe centinaia di metri e dal diametro anche di due metri, dove viene imbrigliata l’acqua che si getta con vibrazioni e rumori anche intensi nella sua corsa verso il basso; queste tubature, se siamo in alta montagna, sono spesso sotterrate sotto la sede di mulattiere oppure a fianco dell’alveo del fiume, o ancora peggio, come nel caso della centralina di Fondra di cui vi parliamo, vengono incastonate direttamente nella montagna, scavando nella roccia per quasi 2 chilometri sotto l’unica strada di fondovalle (la Val di Fondra è una tipica vallata a V, con pareti ripide e scoscese).

Ci siamo dilungati, ma volevamo farvi capire lo sgomento che ci ha presi quando, compulsando tutti i documenti di progetto, abbiamo compreso la reale portata del progetto, e i danni irreversibili che avrebbe apportato all’ambiente vallivo. Diciamo irreversibili, perché un fiume è un ecosistema delicato, che una volta danneggiato non è facile ripristinare.

Siamo poi partiti da questa considerazione, l’unicità del rapporto tra presenza antropica e equilibri ambientali e paesaggistici esistente in valle, per fare una riflessione profonda, che ci ha portati a capire che una valle è un piccolo mondo, in equilibrio tra storia, tradizioni, cultura, ambiente, paesaggio e comunità vallive; e non c’è altro modo di evitare che questo equilibrio sia distrutto se non pensare in positivo e a partire dal basso un modo davvero sostenibile di gestire questo rapporto uomo – ambiente, che è di amore fino a quando non interferiscono dinamiche speculative esogene.

 

Raccontate ai lettori di Milano Sparkling Metropolis un caso esemplare della vostra attività e quali sono stati i progetti più importanti che avete seguito o che avete intenzione di seguire per il futuro?

Dopo la vittoria nel caso della centralina, altri progetti di centraline sono spuntati a ondate, come seguendo le ondate di incentivi che il governo periodicamente approva, sordo alle indicative sempre più decise dell’Europa nel senso di una necessità di rispettare maggiormente il delicato ecosistema dei nostri fiumi, soprattutto nei tratti alpini. Citiamo qui, solo come esempio, la nuova Strategia per la Biodiversità al 2030 della Commissione Europea, dove è scritto che entro il 2030, per arginare il danno agli ecosistemi fluviali europei ancora selvaggi, sarà necessario non solo evitare di aggiungere nuovi impianti di mini e micro idroelettrico alle migliaia già esistenti, ma addirittura provvedere alla rimozione di tutte le barriere inutili o obsolete esistenti, almeno per un totale di 25mila chilometri!

Su questa linea, forti della nostra esperienza lavorativa, abbiamo preso contatti a livello nazionale ed europeo, e ci siamo messi in rete con associazioni e gruppi di pressione che lavorano per rendere noto il grosso problema del conflitto tra gli usi dell’acqua, che è necessaria non solo alla vita umana e animale, ma anche all’irrigazione per l’agricoltura, e appunto alla produzione di energia per via idroelettrica. Lavoriamo a contatto con altre associazioni locali che hanno incontrati gli stessi problemi, come il Comitato Amici del torrente Grigna per la Val Camonica, Acqua di Scalve per il bacino del Serio, ed a livello nazionale siamo aggregati nel Free Rivers Italia, associazione affiliata a Free Rivers Europe.

Ultimamente, a livello globale, una nuova consapevolezza dell’importanza degli ecosistemi fluviali e della scarsità dell’elemento acqua – che proprio per questo non può più essere considerata fonte “rinnovabile”! – ha percorso il mondo, dagli U.S.A. dove le prime dighe sono nate, e ora vengono rimosse, fino all’Est Europa, dove i cittadini si stanno mobilitando per impedire che grosse compagnie elettriche europee sfruttino le preziose risorse idriche naturali in luoghi protetti senza neppure una valutazione ambientale di livello europeo prima dell’autorizzazione.

Abbiamo progetti che ci entusiasmano in cantiere (e il nostro è un cantiere “verde e blu”, non fa danni all’ambiente, e fa bene alla società!).

Stiamo lavorando con Dam Removal Europe, rete che si batte perché vengano utilizzati gli strumenti già esistenti per ripristinare ove possibile lo scorrere dei fiumi, per proporre un evento nazionale di riflessione e di sensibilizzazione su questo tema, che in altri Paesi europei ha già portato ad alcune iniziative concrete con il finanziamento di fondazioni benevole.

Stiamo lavorando anche sotto l’egida di Word Fish Migration Association, l’associazione globale che promuove in tutto il mondo la consapevolezza della necessità di garantire alle specie ittiche migratorie gli spazi necessari per riprodursi e non estinguersi, il che richiede che i fiumi ritornino a scorrere liberi, almeno là dove questo è possibile, e di sicuro là dove essi sono più vulnerabili, come in alta montagna.

Ricordiamo che il nostro Brembo è già ad oggi derivato per nove decimi del suo corso! La sua capacità di ricevere ulteriori barriere allo scorrimento libero del fiume è ormai da tempo satura…. A Ponte San Pietro esistono ben tre sbarramenti consecutivi, come potranno garantire un buono stato ambientale del corso d’acqua e la salute della flora e fauna che da esso traggono vita?

CHI E’ LA NOSTRA GIORNALISTA

PAOLA PIZZIGHINI, avvocato giuslavorista e giornalista è Co-founder del Blog culturale Milano Sparkling Metropolis, è attivista del Movimento 5 Stelle di Milano, da sempre vicina alle associazioni e ai comitati di cittadini tessuto vitale ed indispensabile della nostra società.

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Paola Pizzighini

Sono Avvocato Giuslavorista con 10 anni di esperienza nei più affermati studi legali Milanesi a cui è seguita una lunga esperienza in Confindustria in cui ho potuto sviluppare le mie capacità relazionali ed empatiche nelle relazioni industriali e istituzionali.

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